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La villa

La Villa Medicea di Poggio a Caiano, chiamata anche Ambra o capriccio del Magnifico, è una delle Ville Medicee più famose e si trova nel comune di Poggio a Caiano (PO). Oggi è di proprietà statale ed ospita un museo.

Storia[edit]

Quattrocento[edit]

La villa nel 1599, Lunetta di Giusto Utens, conservata al Museo di Firenze com'era, Firenze
Il corteo di Eleonora di Toledo entra a Poggio a Caiano, affresco di Giovanni Stradano in Palazzo Vecchio

Situata al centro di un poggio, in una posizione strategica che domina la vallata dell'Ombrone e la strada tra Firenze e Pistoia, fu fatta edificare da Lorenzo de' Medici, dopo aver comprato un podere con mansione rustica da Giovanni Rucellai, il quale a sua volta aveva acquistato quello che allora era un semplice fortilizio da Palla di Noferi Strozzi, costruito dalla famiglia dei Cancellieri di Pistoia dai primi del Quattrocento.

Tra il 1470 e il 1474 Lorenzo incaricò Giuliano da Sangallo di realizzare una villa che divenne il prototipo della dimora signorile di campagna nei secoli successivi. Lorenzo infatti, tramite il suo architetto preferito, fu tra i primi a concepire uno spazio agreste in cui il territorio venisse ordinato e plasmato secondo le esigenze dell'armonia; iniziava infatti in quell'epoca a tramontare l'idea della villa-fortezza (come la villa di Careggi, più simile a un castello, realizzata solo trent'anni prima da Michelozzo per Cosimo il Vecchio, il nonno di Lorenzo), e questa nuova attitudine era dovuta sia a questioni politiche, grazie al periodo di pace e stabilità raggiunto dalla politica di Lorenzo, sia filosofiche, secondo gli umanisti che vedevano l'uomo come plasmatore del paesaggio a suo favore, in qualità di "demiurgo" platonico.

Tra le innovazioni originali per l'epoca, si registrarono il porticato al pian terreno (quasi una zona di interconfine tra il paesaggio circostanze e la villa), il portico e il frontone classicheggiante al piano nobile e la mancanza di un cortile centrale. Gradualmente la villa si arricchì di opere in un continuum tra architettura, pittura e scultura: risalgono a questo periodo l'affresco di Filippino Lippi sotto la loggia al primo piano e, forse, il frontone in maiolica invetriata di Andrea Sansovino (che alcuni storici riferiscono ad una seconda fase costruttiva).

Con la morte di Lorenzo nel 1492 i lavori alla villa erano ancora in gran parte incompiuti e subirono un vero e proprio arresto tra il 1495 e il 1513, a causa dell'esilio dei Medici da Firenze. La villa era completa solo per un terzo, con il prospetto frontale e il basamento con il portico già completi.

Cinquecento[edit]

Tra il 1513 e il 1521, dopo il rientro dei Medici, i lavori vennero portati a termine su iniziativa del figlio di Lorenzo, Giovanni, nel frattempo diventato Papa Leone X. Venne realizzata la volta del salone centrale al primo piano con lo stemma papale (che da allora fu detto Salone di Leone X), su disegno di Giuliano da Sangallo, ma per opera di Andrea di Cosimo Feltrini e il Franciabigio. La grande copertura a botte preoccupava i committenti, che per la sua grandezza temevano un crollo, ma fu testata dal Sangallo nel suo stesso palazzo fiorentino che stava costruendo, secondo un aneddoto raccontato dal Vasari; inoltre la stessa volta del portico al primo piano della villa, terminata tra il 1492 e il 1494, fece da ulteriore prototipo.

Sempre all'epoca di Leone X vennero iniziati gli affreschi del salone dai più grandi maestri fiorentini dell'epoca, i cosiddetti "manieristi": Pontormo, Andrea del Sarto e il Franciabigio stesso. Le pitture vennero concluse circa cinquant'anni dopo da Alessandro Allori, non senza manomissioni al progetto originale.

La villa di Poggio a Caiano rimase sempre la residenza estiva dei Medici e, oltre ad ospitare numerose personalità, fu teatro di importanti avvenimenti della loro storia dinastica. In particolare alla villa venivano accolte prima di giungere a Firenze le spose straniere dei membri della famiglia, che qui ricevevano qui l'omaggio della nobiltà fiorentina: è il caso di Giovanna d'Austria, prima moglie di Francesco I e di Cristina di Lorena, moglie di Ferdinando I. Si celebrarono qui, tra gli altri, i matrimoni tra Alessandro de' Medici e Margherita d'Austria (1536), tra Cosimo I ed Eleonora da Toledo (1539) e Francesco I e Bianca Cappello già sua amante (1579). Proprio Bianca e Francesco in questa villa trovarono anche la morte (forse avvelenati?) a distanza di undici giorni l'uno dall'altra.

Seicento e Settecento[edit]

Nel 1661 giunse a Firenze Marguerite-Louise d'Orleans, cugina di Luigi XIV e sposa di Cosimo III. La principessa, profondamente diversa per carattere dal cupo e ultra-religioso Cosimo e soprattutto sopraffatta dalla Granduchessa madre Vittoria della Rovere, venne di fatto relegata a Poggio a Caiano. Per alleviare la "prigionia", oltre al seguito di circa centocinquanta persone, fece costruire il teatro al primo piano, prima di tornare definitivamente in Francia nel 1675.

La Villa fu la residenza preferita del figlio di Cosimo III, il principe Ferdinando, grande amante delle arti prematuramente scomparso, che ne fece un attivissimo centro culturale. Vi si rappresentavano spesso commedie nel teatrino e qui egli aveva radunato una singolarissima collezione che chiamava il Gabinetto delle opere in piccolo di tutti i più celebri pittori. Si tratta di una pinacoteca disposta in un'unica stanza della villa, che conteneva 174 quadri di altrettanti pittori diversi, il più grande dei quali misurava 1 x 0,75 metri, e che contava opere di importantissimi autori tra i quali Dürer, Leonardo da Vinci, Raffaello Sanzio, Rubens ecc., purtroppo smembrata nel 1773 dagli Asburgo-Lorena. La sala del Gabinetto era affrescata da Sebastiano Ricci con un'Allegoria delle arti, ma purtroppo anche quest'opera è andata perduta nelle ristrutturazioni successive. Il monumentale organo, ancora esistente, è frutto di un desiderio di Ferdinando.

Alla morte di Giangastone (1737), fratello di Ferdinando ed ultimo discendente dei Medici, la Villa passò ai nuovi Granduchi toscani, gli Asburgo-Lorena, che continuarono ad utilizzarla come residenza estiva o come punto di sosta durante i loro viaggi verso Prato o Pistoia. Furono approntati i necessari lavori di manutenzione e restauro periodici, anche se, secondo la loro strategia economica, essi intesero ridimensionare i possedimenti agresti: cominciarono a non usare più alcune ville (come l'Ambrogiana e Lappeggi), facendone confluire gli arredi confluirono a Palazzo Pitti e alle residenze superstiti. Poggio a Caiano non subì questa sorte, e testimoniano quel periodo solo alcuni arredi, come i piccoli cassettoni in legno pregiato con intarsi raffiguranti vedute e paesaggi. Gli architetti Giuseppe e Giovan Battista Ruggeri curarono un generale restauro, con il rinnovo del teatro e l'apposizione di un orologio sulla facciata.

All'epoca di Ferdinando III di Asburgo-Lorena in parco antistante alla villa fu dotato di alcune singolari strutture per il divertimento: un "arcolaio volante", un'altalena, una "giostra degli asini" e una "giostra di cavalli", che sono ancora conservate in un ambiente di deposito.

Ottocento[edit]

Con la conquista napoleonica, la Toscana entrò nella sfera di influenza francese, prima come regno d'Etruria e poi come parte dello stesso Impero francese. La Villa subì modifiche interne ed esterne (soprattutto ad opera di Pasquale Poccianti) su iniziativa della reggente Maria Luigia d'Etruria e successivamente di Elisa Baciocchi Bonaparte, sorella di Napoleone, dal 1804 principessa di Lucca e Piombino e dal 1809 granduchessa di Toscana. La Villa di Poggio divenne una delle sue residenze preferite e pare che proprio qui si sia consumata una presunta relazione amorosa tra lei e il celebre violinista Nicolò Paganini, che tenne nel teatro della villa numerosi concerti. Vi si esibirono, tra gli altri, anche Giovanni Paisello, Etienne Nicolas Méhul e Gaspare Spontini. Risalgono a quest'epoca gli affreschi in stile neoclassico del pratese Luigi Catani nella sala d'ingresso al primo piano e in ben diciassette sale della villa, ai quali collaborarono vari artisti guidati sempre dal Catani.

Con la restaurazione (1819) proseguirono le riparazioni e i lavori di riordino (soprattutto nel giardino, dove fu costruita la limonaia, solenne opera di Pasquale Poccianti, e fu realizzato il parco all'inglese), che ripresero con la costituzione del Regno d'Italia e l'avvento dei Savoia.

Quando Firenze divenne capitale, Vittorio Emanuele II, amante dei cavalli e della caccia, fece risistemare la Villa: furono costruite nuove scuderie ed alcune sale al piano terra vennero ridecorate, come la sala da biliardo al pian terreno o la Sala dei Pranzi, su progetto dell'architetto Antonio Sailer. Con Vittorio giunse al Poggio anche la "bella Rosina", ossia Rosa Vercellana, una popolana torinese e amante del re e poi sua moglie morganatica. Testimonianza di questa ennesima storia d'amore che ha avuto come teatro la Villa sono due belle camere da letto, visitabili al primo piano.

Nel 1828 furono sistemate le meridiane sui lati dell'edificio, mentre l'interno della villa veniva aggiornato con arredi pregiati provenienti dai palazzi reali di Modena, di Piacenza, Parma, Torino, Lucca e Bologna, confluiti nel patrimonio del nuovo regno unitario.

Novecento[edit]

Nel 1919 l'Amministrazione della Real Casa donò la Villa allo Stato Italiano. La cascina di Poggio a Caiano-Tavola e le scuderie, che con la Villa costituivano un complesso unitario di grande valore architettonico, furono invece cedute, sempre nel primo dopoguerra, all'Opera Nazionale Combattenti e Reduci e successivamente vendute ai privati. Gli arredi e i parati al secondo piano vennero irrimediabilmente dispersi in questo periodo.

Durante la Seconda Guerra mondiale la Villa fu usata come luogo di rifugio dai bombardamenti per importanti opere d'arte provenienti da tutta Toscana, come le statue della Sagrestia Nuova di Michelangelo o i Quattro Mori di Livorno.

Nel 1984 divenne Museo Nazionale a da allora è iniziato un importante ciclo di restauri, che si è potuto dire concluso solo nel 2007, con l'apertura al pubblico del secondo piano, dove è stato sistemato il Museo della natura morta, con i grandi dipinti di Bartolomeo Bimbi, oltre ad altre opere provenienti dalle ville medicee di Castello, della Topaia, dell'Ambrogiana e da altri depositi della soprintendenza.

Durante i restauri degli anni '80, grazie ad un preziosissimo inventario datato 1911, si è cercato di ricostruire il più possibile l'aspetto interno della villa a quell'epoca, recuparando tutti gli oggetti, mobili e opere d'arte sparsi tra i vari musei e depositi statali.

Proposte per il futuro[edit]

L'attività di ricercatori e restauratori si è ora concentrata sul recupero per rendere fruibili al pubblico altri ambienti della villa. Tra questi ci sono il Cucinone seicentesco e il Criptoportico sotterraneo che lo collega alla villa. Questo ambiente è uno degli esempi meglio conservati di architettura finalizzata alle esigenze domestiche di una corte: comprende varie stanze ad uso di lavanderia e anche un orto con erbe aromatiche medicinali ad uso delle cucine. Assieme alla Sala della Pallacorda, un tempo campo da gioco, questi vani potrebbero essere usate per l'esposizione delle giostre settecentesche.

La Villa[edit]

La Villa Medicea di Poggio a Caiano è il primo esempio di architettura rinascimentale che fonde la lezione dei classici (in particolare Vitruvio) con elementi caratteristici dell'architettura signorile rurale toscana e altre caratteristiche innovative. Evidente la lezione dell'Alberti, a partire dalla scelta del luogo su cui la Villa sorge, fino a giungere alla simmetria e all'armonia delle proporzioni. L'introduzione di una basis villae (la piattaforma sorretta da archi su cui posa l'edificio) è ripescata invece da modelli classici come il Tempio di Giove Axur a Terracina.

Esterno[edit]

La loggia tra i due bracci della scalinata

L'esterno della Villa ha mantenuto abbastanza intatto l'originale progetto rinascimentale del Sangallo, se si eccettuano le due scalinate gemelle che conducono al terrazzo, erette nei primi del 1800 in sostituzione di quelle originarie diritte e perpendicolari al corpo della Villa. A progettarle, nel 1807, fu Pasquale Poccianti che ideò "una scala esterna con comodo di transito per le carrozze al coperto", realizzata poi negli anni seguenti da Giuseppe Cacialli. Anche il tetto è stato modificato, quando nel 1575 Alfonso Parigi sostituì la gronda dove esisteva un camminamento e un coronamento con ringhiera con comignoli, con un proseguimento del tetto più sporgente. Nel Seicento invece fu aggiunta la torretta con l'orologio, in asse con il frontone centrale originario.

Il corpo dell'edificio è circondato da una terrazza porticata. Alla sommità delle scale si trova una loggia sormontata da un timpano e da una volta a botte finemente decorata a rilievo. Sulla parete destra della loggia si trova un decoro a fresco raffigurante il Sacrificio di Lacoonte di Filippino Lippi.

Fregio[edit]

Il fregio in terracotta invetriata in tricromia (bianco, blu e verde)che si vede oggi sull'architrave del timpano sulla facciata principale della villa è una copia eseguita nel 1986 dalla manifattura Richard-Ginori, mentre l'originale si trova in una sala al primo piano della villa. Quest'opera è lunga 14 metri e 22, alta 85 centimetri ed di attribuzione e datazione incerta. Principalmente viene ascritta ad Andrea Sansovino relativamente alla fase di costruzione di Lorenzo il Magnifico, alla quale rimanda il tema del ritorno all'Età dell'oro, oppure eseguito da Giuliano da Sangallo o da Bertoldo o ancora risalente a due fasi, la seconda delle quali terminata al tempo di Leone X.

Il tema raffinato e emblematico potrebbe anche rappresentare la scelta delle anime secondo il mito platonico. In ogni caso è chiara la natura di espressione del complesso clima iniziatico, relativo al circolo filosofico di Lorenzo, attraverso una serie di figure allegoriche, di evocativo classicismo.

Interno[edit]

L'interno della Villa ha subìto nel corso degli anni diverse trasformazioni che ne hanno modificato l'aspetto originale.

Piano terreno[edit]

Da dietro alla scalinata, sotto al loggiato che circonda la villa, dove sono collocati quattro sarcofagi romani, si accede agli appartamenti al piano terreno. Questo piano nel Cinquecento era considerato ancora secondario rispetto al piano nobile, per cui la valorizzazione di questi ambienti risale per lo più ai secoli successivi, con l'esclusione degli appartamenti di Bianca Cappello.

La sala d'ingresso è intonacata in un colore giallo chiaro e riporta alcune iscrizioni su Vittorio Emanuele II e sul plebiscito che unì la Toscana al nascente Regno d'Italia.

Successivamente si entra nel Teatrino, ideato da Marguerite-Louise d'Orleans la sposa poco apprezzata di Cosimo III. Essa era di fatto relegata a Poggio a Caiano, e per alleviare la sua vita da reclusa pensò a far realizzare un teatro, del quale abbiamo la prima menzione nel 1697 come Teatrino delle Commedie. L'uso del teatro divenne più frequente con il principe Fernando, che morì prematuramente e non fu mai granduca.

Segue la sala dei Biliardi è in stile sabaudo, con la volta affrescata come un pergolato dal quale si affacciano putti e amorini, mentre su un drappo dipinto sono riportate le insegne reali dei Savoia.

NMella sala successiva sono ospitati due dipinti a soggetto biblico attribuiti a Paolo Veronese: Mosè e il roveto ardente e Il passaggio del Mar Rosso.

Appartamento di Bianca Cappello[edit]

A destra si accede quindi agli appartamenti di Bianca Cappello, dove è possibile percepire più nitidamente che altrove l'aspetto rinascimentale della Villa. Bianca Cappello era una nobildonna veneziana molto colta e raffinata, che ebbe una relazione con il Granduca Francesco I. Questa relazione segreta che coinvolgeva il sovrano della città, già sposato con Giovanna d'Austria e con una donna a sua volta già sposata, fu uno dei più grandi scandali del Rinascimento e una delle pagine più romanzesche della saga dei Medici: anche se i due amanti fecero di tutto per restare al coperto, la loro storia fu argomento di dicerie e maldicenze sin dall'inizio.

A Poggio a Caiano la loro storia visse alcuni dei momenti più importanti, infatti qui venne relegata la donna, odiata dalla famiglia e la corte medicea tutta schierata con la sposa legittima, strategicamente allontanata da Firenze. All'inizio fu confinata in una villa secondaria sulle alture di Poggio a Caiano chiamata Il Cerretino, e in tale occasione nacquero alcune fantasie popolari, come l'esistenza di un corridoio sotterraneo tra le due ville che permettesse ai due amanti di incontrarsi segretamente. Con la morte del marito di Bianca e di Giovanna d'Austria i due amanti poterono finalmente sposarsi e trascorsero a Poggio a Caiano alcuni dei momenti più belli della loro vita coniugale. Gli appartamenti di Bianca Cappello al piano terreno ancora testimoniano questo legame con la villa. Nella villa i due duchi trovarono anche fatalmente la morte nell'ottobre 1587, l'una a un giorno di distanza dall'altro: solo uno studio scientifico dal 2004 al 2006 ha permesso di appurare che essi furono veramente avvelenati con l'arsenico e non, come descrivevano le cronache ufficiali, uccisi dalla febbre terzana.

Oggi è visitabile solo la stanza del Camino degli appartamenti di Bianca Cappello. La stanza, sebbene restaurata ecletticamente nell'Ottocento, conserva ancora il bel camino in marmo bianco, con il pianale sorretto da due telamoni scolpiti on notevole forza plastica. La paternità dell'opera non è ancora stata chiarita, ma l'ambito di realizzazione è sicuramente vicino a Bernardo Buontalenti, come si evince dalla poderosità dei torsi e dalle teste fantasiosamente corrucciate. Forse sono ascrivibili allla permanenza di Alfonso Parigi il vecchio nella villa nel 1575, che era impegnato nello stesso periodo con il Buontalenti alla villa medicea di Cerreto Guidi. Dello stesso autore è forse anche lo scalone in pietra serena che collega due aperture nella stessa stanza, con la quale si raggiungeva la camera da letto della Duchessa Bianca, rivestita di cuoio impresso e mobili neorinascimentali, frutto di un completo rifacimenti in stile del 1865 circa.

Piano nobile[edit]

Al primo piano si trova l'ambiente più interessante della Villa: il salone Leone X, posto al centro dell'edificio e terminato intorno al 1513. Secondo il Vasari la decorazione della volta appartiene solo in parte al Sangallo il resto sarebbe opera del Franciabigio e di Cosimo Feltrini. La decorazione ad affresco è uno dei cicli pittorici più importanti del periodo del manierismo.

Sempre al primo piano è visitabile la sala d'ingresso (con pitture monocrome del primo ottocento, opera di Luigi Catani, riproducenti temi celebrativi che si riferiscono alla fondazione della Villa: le scene raffiguarte sono Lorenzo il Magnifico che riceve il modello della villa da Giuliano da Sangallo e Agnolo Poliziano che incorona con l'alloro il busto di Omero.

Sul soffitto della cosiddetta Sala da pranzo si trova un grande affresco, opera di Anton Domenico Gabbiani, raffigurante l'opera di pacificazione di Cosimo il Vecchio, padre della patria. Il dipinto risale al 1698 e fu commissionato dal principe Ferdinando de' Medici. Questa sala era anche conosciuta come Salone degli stucchi, ma gli stucchi in questione, con ritratti dei Medici entro medaglioni e altre decorazioni, vennero asportati nel 1812 perché considerati troppo ridondanti. Solo in alcuni periodo dell'anno viene decorata la tavola con la carpita da tavola con disegni alla moresca ideati da Agnolo Bronzino tra il 1533 e il 1548, magnificamente intessuta con seta e filamenti di oro e argento.

Completano il primo piano l'appartamento di Vittorio Emanuele II, con quattro stanze: Guardaroba, Studio, Sala da Ricevere e camera da letto, e quello della Contessa di Mirafiori (la "Bella Rosina") composto da tre stanze con mobilio antico. La stanza della Bella Rosina in particolare è decorata con un letto a baldacchino e pareti interamente rivestiti di seta rosa con motivi floreali (1865), drappeggiata a raggiera in modo da lasciar vedere al centro un preesistente affresco neoclassico. Il bagno alla francese, opera dell'architetto di corte Giuseppe Cacialli, fu voluto da Elisa Bonaparte Baciocchi e comportò la demolizione di alcune stanze più antiche. Oggi si è ben conservato, con la vasca in marmo con intagli e una scultura di Venere e Amore in una nicchia, oltre al mobilio da toeletta originale. I due affreschi a tema mitologico raffigurano Achille immerso nel fiume Lete e Teti assiste alla partenza di Achille.

Nel 1807 il Poccianti progettò, oltre alle scale esterne, lo scalone interno che collega il piano terreno ai restanti piani dell'edificio inoltre fu incaricato di alcuni lavori di restauro al piano superiore della Villa. Allo stesso periodo risalgono anche le pitture a affresco in alcuni salottini, di stile prettamente neoclassico, con soggetti tratti dalla mitologia antica.

Gli affreschi rinascimentali[edit]

La loggetta al primo piano, volta e affresco del Sacrificio di Filippino Lippi
La Pomona di Pontormo

L'affresco più antico della villa, appartenente al periodo di Lorenzo il Magnifico, è il cosiddetto Sacrificio di Laocoonte (secondo l'interpretazione di Halm) di Filippino Lippi, conservato sotto la loggetta al primo piano, un tempo staccato per restauri e oggi ricollocato, sebbene sia piuttosto sbiadito dagli agenti atmosferici. L'affresco viene citato dal Vasari come Un sacrifizio, a fresco, in una loggia che rimase imperfetto e che risalirebbe a prima della morte di Lorenzo, o comunque completato entro il 1494. Non è da collegare con il Laocoonte dei Musei Vaticani, che tanta ammirazione riscosse nelle corti italiane, ma che fu ritrovato solo nel 1506.

Il tema dominante della prima fase costruttiva era l'interpretazione dell'antico in chiave moderna e decorativa e questo affresco ne testimonia appieno il nocciolo, così come il fregio del timpano di Andrea Sansovino e la prima lunetta decorata del salone poi detto di Leone X, quella di Pontormo.

Realizzata tra il 1519 e il 1521, raffigura le divinità romane di Vertumno e Pomona inserite in un insolito paesaggio classicheggiante.

In seguito il tema della decorazione cambiò, probabilmente a causa dell'arrivo nella casata dei primi titoli nobiliari di Lorenzo Duca d'Urbino e Giuliano Duca di Nemours, e divenne l'illustrazione delle glorie del casato mediceo, alle quali alludono chiaramente i temi ufficlai delle pitture, cioè i Fasti della storia romana.

Tra il 1519 e il 1521 vi lavorò Andrea del Sarto, che dipinse il Tributo a Cesare, un'allusione ai doni ricevuti da Lorenzo il Magnifico dal Sultano d'Egitto nel 1487. L'affresco terminava circa a un terzo della superficie della parete, dove più vicino al muro esterno esisteva una grande colonna dipinta nel muro, che fu eliminata in seguito e l'affresco integrato da Alessandro Allori, che appose la sua firma con quella di Andrea del Sarto vicino al fanciullo con il tacchino in primo piano. Con il tempo era riaffiorata la cornice del primitivo affresco, tagliando in due la scena, ma è stata di nuovo nascosta da restauri recenti.

Più o meno nello periodo il Franciabigio realizzava nella parete diagonalmente opposta Il ritorno di Cicerone dall'esilio, una chiara metafora delle vicende di Cosimo il Vecchio e della sua cacciata con il successivo rientro trionfale a Firenze. Questo affresco è dominato nella parte superiore da delle magnifiche architetture fantastiche rappresentate in un ricco paesaggio in prospettiva aerea. Anche questa scena fu ampliata dall'Allori e il confine originario si trova nascosto dall'obelisco di porfido che si erge insolitamente vicino al centro della rappresentazione fino alla sommità del dipinto. La colonna dipinta è stata in parte conservata nell'affresco, infatti l'Allori la inserì vicino all'obelisco.

Alessandro Allori quindi fu colui che integrò è completò il programma decorativo del Salone, e vi lavorò tra il 1578 e il 1582, più di cinquant'anni dopo l'inizio dei lavori di decorazione degli altri pittori, su incarico di Francesco I de' Medici, che soprattutto nella villa visse la sua relazione con la nobildonna veneziana Bianca Cappello. Oltre ad ampliare i pannelli esistenti, ne realizzò due ex-novo: Siface di Numidia che riceve Scipione, dove si allude al viaggio che Lorenzo iol Magnifico compì a Napoli presso Ferdinando II d'Aragona; Il console Flaminio parla al consiglio degli Achei, in cui si sottintende all'intervento di Lorenzo il Magnifico nella Dieta di Cremona.

Inoltre affrescò, con numerosi aiuti, i due riquadri sopra i portali, la seconda lunetta con il Giardino delle Esperidi e lo spazio tra le lunette e le finestre e le lunette. Le elaborate e fantastiche composizioni con figure floreali, zoomorfe e antropomorfe sono tipiche del gusto per il capriccio tipico dell'epoca.

L'Allori ideò quindi una fastosa architettura in tutta la sala, che entra quasi in contrasto con l'architettura reale, con figure che paiono scolpite nei loro colori forti e cristallini tipici del manierismo, creando una scenografia fastosa e virtuosistica.

Completavano la decorazione pittorica una superba serie di arazzi voluti da Cosimo I e da suo figlio Francesco, su disegno dello Stradano prima, e dell'Allori poi. Vi erano raffigurate numerose scene di caccia, ideate prendendo spunto dalle vere battute che si tenevano nell'enorme parco attorno alla villa (molto più grande di quello odierno). Oggi questi arazzi sono purtroppo dispersi tra alcuni musei fiorentini, depositi e ambasciate all'estero.

Secondo piano[edit]

Nel secondo piano è allestito il Museo della Natura Morta, che espone circa 200 dipinti dal tardo Cinquecento alla metà del Settecento, provenienti dalle collezioni dei Medici, molti dei quali dovuti al pennello di Bartolomeo Bimbi. In un'altra stanza si trovano dei papiers peints di manifattura francese, con un tema esotico dei primi dell'Ottocento. Le vedute raffigurate sono di ampio respiro con una linea dell'orizzonte bassa e piccoli personaggi che raffigurano Les sauvages de la Mer Pacifique (1804).

Edifici adiacenti alla Villa e giardini[edit]

La limonaia

Adiacenti alla Villa sono alcune costruzioni come la cappella (dove si trova la Pietà con i Santi Cosimo e Damiano, dipinta nel 1560 da Giorgio Vasari, in attesa di restauro), il Cucinone realizzato ai primi del Seicento e il neoclassico stanzone per le piante (o limonaia) "con annessa conserva d'acqua", opera del Poccianti (1825 circa). La Sala della Pallacorda è un edificio all'angolo del giardino, che risale alla fine del Settecento per praticare questo gioco, e oggi ospita la portineria e un deposito.

A metà del XVI secolo circa, sotto Cosimo I, Niccolò Tribolo risistemò i giardini e terminò la costruzione delle scuderie (1548). La veduta d'insieme dell'assetto del giardino e delle scuderie dopo l'intervento del Tribolo si ha nella famosa lunetta di Giusto Utens del 1599 conservata nel Museo di Firenze com'era.

Le scuderie[edit]

L'ampio interno delle scuderie medicee

Acquistate alla fine degli anni '70 dal Comune di Poggio a Caiano, sono poste subito fuori del muro di cinta della Villa, lungo la strada per Prato. L'edificio è organizzato al piano terra su navate voltate che servivano per la rimessa dei cavalli e al piano primo su una galleria centrale con alloggi ai lati per i cavalieri. Ha dimensioni imponenti tali da farlo sembrare una sorta di basilica laica e trascendere la funzione a cui era destinato. Attualmente è sede di un centro mostre e congressi, con biblioteca e ufficio informazioni turistiche.

I giardini[edit]

Di grande interesse sono i giardini che circondano la Villa, e risalgono soprattutto all'Ottocento.

Fino al Seicento infatti il giardino della villa era piuttosto semplice se paragonato a quelli di Castello o della Petraia: aree sterrate e aree boschive ordinate, con un giardino all'italiana a destra, il tutto privo di fontane e di decorazioni scultoree, come appare dalla lunetta di Giusto Utens.

Nel Settecento furono risistemate alcune aree del giardino, ampliando il bosco dove si praticava la caccia, la cosiddetta fagianaia. Nella zona del giardino all'italiana viene sistemata una fontana al centro al posto di un boschetto di alberi, alimentata da una nuova cisterna idrica.

I giardini furono ridisegnati dopo il 1811, ma senza seguire del tutto l'originario progetto elaborato dall'ingegnere Giuseppe Manetti, su commissione di Elisa Baciocchi. Louis Martin Berthauld nel 1813 annotò la desolazione del piazzale antistante la villa e si propose di rimediare al fatto che i vari luoghi di delizia del parco, che sarebbe vastissimo, sono in realtà isolati gli uni dagli altri: la villa e il bosco retrostante sono attigui, ma il giardino all'italiana è tagliato dalla via per Prato e il Parco di Bonistallo (oggi Barco Mediceo, che sale sulla colina antistante la villa verso la chiesa di San Francesco) dalla strada per Pistoia; le pavoniere, oltre le Cascine e ancora esistenti, sono invece separate dal fiume Ombrone.

Per porre rimedio a questi svantaggi a diverse riprese vennero prese delle iniziative: fu deviata la strada per Prato, abbattuti i numerosi muri che separano le zone della tenuta e unificati in un'unica recinzione, mentre sul piazzale della villa furono realizzati alcuni vialetti serpentini con varia decorazione vegetale; venne raddrizzato il corso dell'Ombrone e realizzato un nuovo ponte in ferro cavalcabile per collegare le Cascine di Tavola e le Pavoniere.

Il parco arrivò così ad acquistare una forma irregolare, che sarà sfruttata nella realizzazione di un giardino all'inglese, con la creazione di un laghetto e di tempio dedicato a Diana e con ulteriori interventi in chiave romantica. Le cucine, la conserva d'acqua e la cappella vennero nascoste da nuovi gruppi di alberi.

Attualmente solo la parte dei giardini che si estende oltre la facciata posteriore della Villa, verso l'Ombrone, si presenta come un giardino all'inglese, con viali ombreggiati ed angoli caratteristici. Sul lato destro della Villa essi hanno invece mantenuto l'aspetto di un giardino all'italiana, con una vasca centrale e numerosi vasi di limoni. Il giardino è qui recinto su tre lati e chiuso sul quarto dalla già citata limonaia-stanzone del Poccianti. I giardini sono arricchiti da rare specie vegetali e da alcune statue, come quella in terracotta raffigurante la cattura della ninfa Ambra da parte di Ombrone descritta da Lorenzo de' Medici nel suo poemetto Ambra.

Oggi il parco non è più visitabile perché purtroppo da un decennio circa, escludendo il giardino all'italiana, non è più oggetto della manutenzione continua che l'apertura al pubblico richiede, essendosi notevolmente ridotto per limitatezza di fondi l'impiego di giardinieri alla villa.

Voci correlate[edit]

Soffitto della volta al primo piano

Bibliografia[edit]

  • Lapi Bini Isabella, Le ville medicee. Guida Completa, Giunti 2003
  • Giardini di Toscana, a cura della Regione Toscana, Edifir, Firenze 2001
  • La Villa medicea di Poggio a Caiano. The Medici Villa at Poggio a Caiano, Sillabe, Livorno 2000.
  • Mignani Daniela, Le Ville Medicee di Giusto Utens, Arnaud, 1993
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  • Marchi Annalisa, a cura di, Itinerari laurenziani : dalla Villa di Cafaggiolo alla Villa di Poggio a Caiano attraverso l'area pratese, Giunti, Prato, 1992.
  • La villa di Poggio a Caiano, biblioteca de "Lo Studiolo", Becossi editore, Firenze 1986.
  • Agriesti Luciano, Memoria, paesaggio, progetto: le Cascine di Tavola e la Villa medicea di Poggio a Caiano dall'analisi storica all'uso delle risorse, Trevi, Roma 1982.
  • Bardazzi Silvestro, La Villa Medicea di Poggio a Caiano, Cassa di risparmi e depositi di Prato, Prato 1981.
  • Gurrieri Francesco, Le scuderie della Villa Medicea di Poggio a Caiano, Azienda autonoma di turismo, Prato 1980.
  • Borea Evelina, a cura di, La Quadreria di Don Lorenzo de'Medici : villa Medicea di Poggio a Caiano, Centro Di, Firenze 1977.

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